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Composizione della crisi da sovraindebitamento

LA COMPOSIZIONE DELLA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO DELLA PERSONA FISICA.

IN PARTICOLARE, IL PAGAMENTO DEI DEBITI MEDIANTE L’ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI OPPURE IL PIANO DEL CONSUMATORE.

1. Premessa.

La Legge 27.1.2012, n. 3, modificata col D.L. 18.10.2012, n. 179, convertito nella Legge 17.12.2012, n. 221, e – da ultimo – col D.L. 28.10.2020, n. 137, convertito nella Legge 18.12.2020, n. 176, prevede, in generale, procedure volte a porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento, destinate a quei soggetti che non possono accedere alle procedure concorsuali previste dalla Legge Fallimentare, con l’obiettivo di farli ritornare in una situazione di normalità e, dunque, sul mercato, dopo aver provveduto al pagamento di una percentuale – anche assai ridotta – dei propri debiti. [1]

2. Il sovraindebitamento.

La normativa in esame, all’art. 6, comma 2, lett. a), definisce, in primo luogo, il “sovraindebitamento” – presupposto oggettivo - quale “situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.

Tale definizione può essere intesa quale sinonimo d’insolvenza, fermo restando che è completata chiarendo che non si tratta solo della definitiva incapacità del debitore di adempiere le proprie obbligazioni in modo regolare, ma anche della rilevante difficoltà di adempierle.

3. Il consumatore.

L’art. 6, comma 2, lett. b), della suddetta Legge definisce, in secondo luogo, il “consumatore” – presupposto soggettivo – quale “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta”, anche se socio di una società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni, “per i debiti estranei a quelli sociali”.

Il consumatore, dunque, può essere anche un imprenditore o un professionista o un socio di una delle menzionate società, ma la posizione debitoria che intende sistemare attraverso la procedura in esame deve scaturire esclusivamente da obbligazioni estranee all’attività esercitata.

4. Le procedure familiari.

All’art. 7-bis della Legge in commento, si prevede che i membri conviventi della stessa famiglia (il coniuge, “i parenti entro il quarto grado e gli affini entro il secondo, nonché le parti dell’unione civile e i conviventi di fatto”), sovraindebitati, possono presentare un’unica domanda di composizione della crisi.

La medesima possibilità è concessa anche “quando il sovraindebitamento ha un’origine comune”, pur se i soggetti non siano conviventi.

5. Le procedure di esdebitazione.

Le procedure di esdebitazione indicate nella ridetta Legge sono l’accordo di composizione della crisi, il piano del consumatore e la liquidazione del patrimonio (nel prosieguo del presente scritto, si esamineranno solamente le prime due procedure).

5.1. In particolare, l’accordo di composizione della crisi.

L’accordo di composizione della crisi è previsto dall’art. 7 della richiamata Legge, che stabilisce che il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi (in breve, O.C.C.) con sede nel circondario del tribunale competente - e cioè nel luogo di residenza del debitore - un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano avente i requisiti ivi indicati.

Occorre evidenziare che anche i crediti erariali e previdenziali, comprensivi di interessi e sanzioni amministrative, possono rientrare nell’accordo in esame ed essere soddisfatti non integralmente.

La proposta di accordo che il soggetto sovraindebitato può presentare è a contenuto aperto, nel senso che può prevedere qualsiasi modalità per la soddisfazione dei crediti, e così anche la cessione dei crediti futuri (redditi da lavoro o da pensione, rendite, etc.), e, “nei casi in cui i beni e i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità dell’accordo … , la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che consentono il conferimento, anche in garanzia, di redditi o beni sufficienti per assicurarne l’attuabilità”, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della richiamata Legge,.

L’iniziativa di intraprendere la procedura in esame è lasciata all’esclusiva volontà del debitore, che, con l’ausilio dell’O.C.C., deve depositare la proposta di accordo “presso il tribunale del luogo di residenza o sede principale”, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della richiamata Legge, unitamente ai documenti dettagliatamente indicati nel II comma di tale norma ed alla “relazione particolareggiata” dell’O.C.C., comprensiva, tra l’altro, dell’“indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni” e dell’“esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte” (art. 9, comma 3-bis 1, lett. a) e b))”. [2]

Il tribunale, quindi, verifica l’ammissibilità della proposta di accordo, non tanto sulla base della sua fattibilità economica, quanto circa la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge, la completezza della documentazione e la logicità dell’attestazione di fattibilità redatta dall’O.C.C.: ne consegue che il Giudice Designato svolge un controllo prettamente documentale e che, se tale controllo dà esito positivo, emette immediatamente un decreto di ammissione, con il quale detta la scansione delle fasi successive della procedura e, soprattutto, dispone la comunicazione ai creditori. [3]

In seguito, ai sensi dell’art. 11, comma 2, della richiamata Legge, l’accordo proposto viene omologato quando è raggiunta una maggioranza qualificata di creditori favorevoli pari ad almeno il 60% dei crediti, con la precisazione che “I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione”. [4]

5.2. In particolare, il piano del consumatore.

Il piano del consumatore, tanto sotto il profilo contenutistico, quanto sotto il profilo degli effetti, è soggetto ad una disciplina analoga a quella dell’accordo di composizione della crisi.

Questa procedura si rivolge, in particolare, ai soggetti consumatori secondo la definizione già evidenziata.

Conseguentemente, quando il debitore, in possesso dei requisiti per proporre l’accordo di composizione della crisi, riveste anche la qualità di consumatore, ha la facoltà di scegliere se proporre al tribunale un piano di risanamento dei suoi debiti, ai sensi dell’art. 7, comma 1-bis, della Legge in esame, anziché ricorrere all’accordo con i propri creditori.

La prima differenza da rilevare riguarda quindi il presupposto soggettivo: mentre l’accordo è esperibile sia dal debitore sia dal consumatore, la presente procedura è uno strumento riservato solo a quest’ultimo soggetto.

Le altre differenze non riguardano il contenuto della proposta, analogo a quanto previsto per l’accordo di composizione della crisi, ma parte del procedimento, poiché la formazione del piano del consumatore assume, come unico e diretto destinatario, il tribunale, non richiedendo l’accordo con i creditori, che non sono chiamati ad esprimere il loro voto.

Così, il Giudice Designato svolge i controlli che riguardano la fattibilità della proposta di piano, verificando soprattutto la meritevolezza del consumatore.

L’art. 9, comma 3-bis, della Legge in esame prevede, in ogni caso, che venga allegata alla proposta una “relazione particolareggiata” dell’O.C.C. contenente, tra l’altro, “l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni” e “l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte” (art. 9, comma 3-bis, lett. a) e b)).

5.2.1. Segue. La meritevolezza.

Il particolare favore concesso al consumatore da questa procedura risiede nella norma secondo la quale il Giudice Designato deve dichiarare inammissibile la proposta, ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. d-ter), della Legge in esame, solo quando il consumatore “ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode: il che comporta che la proposta di piano sarà rigettata esclusivamente se provenga da un consumatore gravemente immeritevole. [5]


Avv. Nicola Buffoli

[1] In altri termini, il legislatore, in materia di insolvenza del debitore, ha predisposto due comparti normativi tra loro alternativi: da un lato, le imprese commerciali di cui all’art. 1, Legge Fallimentare, e, d’altro lato, tutti gli altri debitori destinatari delle disposizioni della normativa in esame (tra cui le imprese agricole, le imprese commerciali cosiddette “sotto soglia” di fallimento, i professionisti, i consumatori, i garanti ed anche i soci di società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni).

[2] Specifichiamo che “La presentazione della proposta determina l’apertura di un procedimento affidato a un giudice monocratico regolato dagli articoli 737 e ss. del codice di procedura civile, secondo le regole del rito camerale. Contro i provvedimenti del giudice è ammesso reclamo di competenza dello stesso tribunale, in composizione collegiale, di cui non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento” (Così N. Vezzani, “L’accordo di composizione della crisi e il piano del consumatore nella disciplina del sovraindebitamento”, in www.ilsovraindebitamento.it, pag. 48).

Il Giudice Designato, ai sensi dell’art. 10, I comma, della richiamata Legge, “se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli articoli 7, 8 e 9, fissa immediatamente con decreto l’udienza, disponendo la comunicazione, almeno trenta giorni prima del termine di cui all’articolo 11, comma 1, ai creditori presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, della proposta e del decreto”.

I creditori sono chiamati a valutare la convenienza e ad esprimere il loro voto che deve essere trasmesso all’O.C.C. attraverso dichiarazione sottoscritta mediante telegramma, lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica certificata con firma digitale; in mancanza, si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro comunicata.

[3] Con tale decreto, tra l’altro, “il Giudice dispone che sino a che il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali …”.

[4] Il legislatore ha altresì dettato, all’art. 12 della richiamata Legge, specifiche disposizioni per l’omologazione dell’accordo e, all’art. 13 della medesima, norme per l’esecuzione dell’accordo.

[5] Sul punto, anche prima della recente riforma di cui al D.L. 28.10.2020, n. 137, convertito nella Legge 18.12.2020, n. 176, la Giurisprudenza aveva adottato un orientamento premiale per il consumatore, giungendo a ritenere che la meritevolezza del debitore consistesse nell’assenza di iniziative o atti in frode ai creditori.